Il 10 febbraio 1988 è una data marchiata a fuoco nel cuore di molti giapponesi. In quell’ormai lontano giorno, nella terra del Sol Levante, code interminabili si formarono fuori dai negozi per l’uscita di Dragon Quest III, titolo destinato a diventare uno dei più grandi classici tra i videogiochi di ruolo di matrice nipponica. L’unione dei talenti di Yūji Horii, Akira Toriyama e Koichi Sugiyama era riuscita a dare vita ad un’avventura magnetica, ricca di luoghi da esplorare, mostri dal design irresistibile da sconfiggere e condita da dialoghi semplici ma ben scritti, in grado di tessere una trama, per l’epoca, in grado di tenere incollati allo schermo. Le stesse meccaniche di gameplay legate al libero cambio di vocazione/classe per i personaggi giocanti e alla presenza di ben due world map tutte da scoprire furono innovazioni che consacrarono il terzo capitolo di Dragon Quest tra i videogame più iconici e all’avanguardia mai realizzati e che stabilirono inoltre numerosi canoni presenti tuttora in produzioni contemporanee.
Prova della sua importanza e dell’amore di cui gode da parte degli appassionati e dei suoi stessi creatori sono i suoi numerosi rifacimenti sviluppati nel corso di questi quasi quattro decenni, a partire dal primo per Super Nintendo, fino ad arrivare a Dragon Quest III HD-2D Remake, riproposizione in stile HD-2D creata da Artdink e Team Asano, rispettivamente i team dietro lo sviluppo di opere quali Triangle Strategy e i due capitoli di Octopath Traveler.
Questo remake, annunciato durante il Dragon Quest Day del 2021 e disponibile dal 14 novembre 2024 su Nintendo Switch, PC, PlayStation 5 e Xbox Series, nasce dichiaratamente per offrire al pubblico odierno la possibilità di vivere una pagina fondamentale della storia di un genere, inalterata nella sua essenza, ma ricca di quality of life aggiuntive atte, per chi lo desidera, a rendere l’esperienza più snella e meno stressante.
A questo punto sorge una sola domanda: Dragon Quest III HD-2D Remake, con il suo stile grafico ricercato e le varie novità introdotte, riesce a far apprezzare ai giocatori di oggi un grande classico del passato?
Dopo più di 50 ore spese su PlayStation 5 per portarlo a termine, sono pronto a darvi la mia risposta.
Un’epopea classicissima, ma raccontata con eleganza
La trama di Dragon Quest III, figlia del tempo in cui è stata ideata e rimasta sostanzialmente inalterata, presenta il tipico canovaccio alla base di ogni JRPG, privo di artificiosità o inutili lungaggini. Impersoneremo un ragazzo di cui potremo scegliere in libertà il nome, figlio dell’eroe Ortega scomparso dieci anni prima rispetto all’inizio della storia. Il giorno del suo sedicesimo compleanno, il giovane si risveglierà come sempre ad Aliahan, il villaggio in cui vive, e verrà avvisato dalla madre che il re lo ha convocato a corte. Raggiunta la sala del trono, il sovrano gli affiderà il compito di partire in viaggio per sconfiggere l’Arcidemone Padramos, l’essere malvagio che Ortega non era riuscito ad eliminare, venendo gettato anzitempo in un vulcano in seguito ad una strenua battaglia contro un suo sgherro.
Con questa premessa, il nostro protagonista intraprenderà un lungo percorso che lo porterà sulle tracce del padre e a diventare a sua volta un valoroso guerriero, accompagnato da altri tre alleati, privi di qualsivoglia caratterizzazione, reclutabili nella taverna di Greta l’Organizzagruppo.
Tutti i personaggi che popoleranno il party che guideremo in Dragon Quest III sono infatti silenti e privi di linee di dialogo, essendo di fatto un vero e proprio avatar del giocatore all’interno del gioco, com’era ordinario in un periodo in cui la scrittura, videoludicamente parlando, non era la componente principale, bensì una semplice cornice per dare un senso alle azioni che si compivano.
Gli unici con cui potremo interagire saranno gli NPC, i quali forniranno indizi utili a proseguire, informazioni di lore, ma i quali, talvolta, ci strapperanno anche qualche sorriso uscendosene con affermazioni ironiche.
Non mancano però delle aggiunte interessanti, inedite fino a questo rifacimento, riguardanti il passato di Ortega e il suo approfondimento, le quali però sono anch’esse raccontate tramite dialoghi essenziali e rapidi.
In sostanza, l’impianto narrativo di Dragon Quest III è rimasto tale e quale a trentasette anni fa, come i fan di vecchia data lo ricordavano. Nonostante al tempo presentasse alcuni guizzi creativi e osasse di più rispetto ad altri “rivali”, tra cui i primissimi Final Fantasy, oggi difficilmente è in grado di sorprendere o far gridare al miracolo, mostrando senza problemi tutto il peso degli anni.
Importante però è saperlo contestualizzare nell’epoca in cui è stato pubblicato e, se lo si analizzerà con occhio più critico e attento, si sarà in grado di apprezzarne i pregi, in primis il plot twist presente a circa metà dell’avventura, che all’epoca lasciò di stucco molti giocatori giapponesi.
Positivo anche l’intento di cercare di unificare, con ancora maggiore attenzione al dettaglio, la lore con suoi seguiti diretti, ossia Dragon Quest I e II, la cui uscita in versione HD-2D è prevista nel corso di quest’anno.
La trama, quindi come già detto, è solo un motivo per farci muovere all’interno del mondo di gioco; il cuore di Dragon Quest III è proprio il suo gameplay.
Un gameplay tipico per il genere, ma ricco di sfaccettature
Tra città da esplorare, caverne e torri straripanti di tesori da scoprire e mostri da sconfiggere, in Dragon Quest III le cose da fare non mancano, sebbene la struttura di gioco risulti ad oggi basilare e per certi versi superata. L’ordine delle azioni utili a proseguire sarà sempre la stessa: visitare un villaggio, chiacchierare con gli abitanti per ottenere informazioni su dove andare, affrontare il dungeon e l’eventuale boss di turno, per poi ripetere nuovamente il ciclo. A differenza delle versioni precedenti però, in questa riedizione è stata aggiunta la possibilità di attivare un indicatore che segnerà sulla mappa la posizione del prossimo obiettivo da raggiungere, facendoci risparmiare parecchio tempo e rendendo l’incedere più agile, evitandoci di dover mettere insieme i vari indizi fornitici dai vari NPC per capire dove dirigersi. Questo va un po’ a minare l’esperienza originale, nella quale era fondamentale riuscire ad intepretare le informazioni per comprendere come fosse giusto proseguire. Fortunatamente, però, la funzione è del tutto opzionale: chi desidera rivivere l’avventura in una salsa più vicina a quella dei bei tempi andati potrà disattivarla senza alcun problema.
Un discorso simile si può fare anche in merito ai tre nuovi livelli di difficoltà introdotti, Vampistrello (Facile), Drago (Normale) e Draconiana (Difficile), pensati per soddisfare le esigenze di un pubblico eterogeneo, rendendo di fatto il prodotto accessibile a chiunque. Chi cerca una sfida davvero impegnativa potrà mettersi alla prova nelle modalità più difficili, mentre chi preferisce un’esperienza più rilassata, senza dedicare troppo tempo al grinding e concentrandosi sulla storia, potrà optare per il livello più basso. Gli scontri casuali sono numerosi e frequenti, elemento che potrebbe scoraggiare molti giocatori, sebbene questa edizione includa un’opzione per velocizzarne l’esecuzione.
Un grosso demerito legato però alla modalità Vampistrello è dato dal fatto che i personaggi da noi controllati saranno invincibili: subendo un ammontare di danni che supera i Punti Vita massimi di cui sono dotati, essi non scenderanno mai a zero, facendo sì che gli eroi non finiscano mai al tappeto. Questo elimina qualsiasi possibilità di Game Over e, di conseguenza, annulla completamente il livello di sfida. Se andremo poi ad attivare l’ottima intelligenza artificiale che farà agire in autonomia i membri del nostro party, facendo scagliare loro gli incantesimi e le abilità più adatte alla battaglia che si starà affrontando, il titolo finirà per “giocarsi da solo”.
Ovviamente, le opzioni appena menzionate possono non essere mai attivate – cosa che, tra l’altro, è caldamente consigliata. Tuttavia, da una easy mode ci si sarebbe aspettato perlomeno un minimo di fatica in più, considerando che già solo la difficoltà Drago è molto più tosta. Infatti, le ore che sarà necessario spendere in questa modalità per guadagnare livelli e monete d’oro non saranno poche, pena l’essere brutalmente spazzati via dai mostri di turno, sempre pronti a punire il minimo errore. Un esempio emblematico è una certa Idra viola che incontrerete verso l’end game e che potrebbe tranquillamente vincere il premio di boss peggio calibrato all’interno della storia dei JRPG, essendo dotata di incantesimi e debuff devastanti.
Al di là di qualche sbilanciamento con qualche boss troppo forte rispetto ai mob comuni della stessa zona di appartenenza, il combat system classico a turni di Dragon Quest III regala soddisfazioni e ogni azione che andrete a compiere durante le fight a Drago e Draconiana dovrà essere ponderata. Fondamentale sarà comprendere quali sono le debolezze elementali dell’avversario e i debuff da sfruttare per avere la meglio, ragionando con cura su quale abilità/incantesimo scagliare.
Oltre a questo, sarà vitale creare un gruppo composto da combattenti con vocazioni diverse, garantendo così un equilibrio tra le abilità del team. Da un certo punto dell’avventura in poi, sarà possibile cambiare la vocazione di ciascun personaggio, a patto che abbia raggiunto almeno il livello 20.
Per offrire un esempio pratico, il guerriero che avete reclutato nella taverna di Greta l’Organizzagruppo nei primi minuti della vostra avventura potrà decidere di intraprendere la via della magia e diventare un abilissimo mago, mantenendo parte delle statistiche e tutte le abilità della classe precedente, ripartendo però dal livello 1.
Con questo, le ore trascorse e a sconfiggere Slime Grigi – i quali fuggono veloci come il vento ma forniscono un notevole ammontare di esperienza – saranno molte e per i più smaliziati non rappresenteranno un problema, mentre i giocatori abituati a produzioni dall’incedere più incalzante potranno percepire un sentore di noia. Anche questa dinamica però è legata al passato e alla fedeltà che Dragon Quest III vuole mantenere nei confronti di sé stesso.
A rendere comunque le cose più frizzanti, per chi avesse già giocato alle versioni precedenti, è l’introduzione della vocazione del Domamostri, che permetterà di sfruttare le varie tecniche apprese dai mostri di turno, alcune piuttosto devastanti e utili a farmare punti esperienza con più rapidità.
Di fatto, divertirsi con il cambio di classe e sperimentare diverse combinazioni, trovando quelle più efficaci e divertenti da giocare, costituisce il cuore pulsante di questo Dragon Quest, così come la sua rinnovata estetica.
HD-2D: quando passato e presente si incontrano
Lo stile grafico dei due Octopath Traveler e del remake di Live A Live ha riscosso un grande successo di pubblico, riuscendo a creare un delizioso connubio tra gli sprite 2D dei vari personaggi a schermo e sontuose ambientazioni modellate in tre dimensioni.
In Dragon Quest III HD-2D Remake il risultato è ancora migliore rispetto al passato; Artdink e Team Asano sono riusciti a creare paesaggi colorati, sgargianti e perfettamente in linea con quello che è lo spirito della serie. L’immersività percepita non è per nulla indifferente, soprattutto quando si visitano gli antri bui e oscuri popolati da creature malvagie. L’effetto dell’acqua corrente e delle rade nebbioline che caratterizzano molti di questi luoghi sono realizzati in maniera magistrale, così come l’illuminazione delle lanterne sorrette dai nostri eroi durante l’esplorazione, in grado di fare luce nei punti loro circostanti con molta credibilità. Il senso di avventura, alla base di Dragon Quest III, è grazie a questa resa visiva palpabile e convincente. Il tripudio di colori, i deliziosi personaggi realizzati con l’ausilio di una pixel art finemente curata e i realistici effetti di luce creano un quadro generale che definire irresistibile è riduttivo, complice anche una colonna sonora d’eccezione.
Musica come poesia
Nonostante non sia stata riorchestrata per quest’occasione e le tracce siano riprese interamente dalla Symphonic Suite del 2005 eseguita dalla Tokyo Metropolitan Orchestra, la OST di Dragon Quest III rimane un gioiello di inestimabile valore, frutto della genialità di Koichi Sugiyama nei suoi anni migliori. Il tema della world map, intitolato in maniera molto azzeccata “Adventure”, incarna perfettamente l’idea di un lungo viaggio irto di peripezie e pericoli e, nonostante ci troveremo ad ascoltarlo molto spesso, non stancherà mai. Non si può affermare lo stesso per il Battle Theme, la cui melodia è sicuramente coinvolgente le prime volte, ma che inizia a diventare stucchevole dopo una ventina di ore, complici i frequenti scontri con i nemici. Un’opzione per poter selezionare altre tracce, magari provenienti da altri capitoli della serie, sarebbe stata certamente gradita e avrebbe alleviato il problema di una ripetitività eccessiva, che ad un certo punto farà venire voglia di mettere in muto e passare ad una playlist più incalzante su Spotify.
Ottime invece le tracce musicali udibili durante l’esplorazione dei villaggi, che contano di una variante diurna e notturna, e quelle dedicate alle torri o alla caverne, in grado di evocare la giusta atmosfera.
Sorprendenti doppiaggi
Gradita anche la presenza di doppiaggi in lingua giapponese e inglese per i dialoghi di trama più importanti, inedita fino ad oggi per la terza iterazione di Dragon Quest. Nella mia prova ho potuto gustarmi le voci nipponiche e personalmente le ho trovate molto adatte ai vari personaggi a cui erano associate, indice anche questo di un lavoro certosino sul fronte della direzione artistica, che resta nell’insieme uno dei più grandi pregi di questa riproposizione.
Conclusioni: una pagina di storia fondamentale, non invecchiata benissimo
Dragon Quest III con questo remake 2D-HD si ripropone al pubblico moderno con un’estetica più accattivante, ma mantendendo intatta la sua anima classica. I numerosi scontri casuali, il grinding imprescindibile e una storia interessante ma abbozzata rispetto agli standard odierni sicuramente non faranno la gioia di chi è abituato a certi elementi oramai imprescindibili, nonostante le numerose aggiunte atte a semplificare e a rendere la progressione più snella. Se si è però in grado di contestualizzare il titolo nell’epoca in cui è uscito e di comprenderne l’anima, non si potrà fare a meno di apprezzarlo e di godere di uno dei giochi di ruolo più importanti della storia, ora per la prima volta localizzato in maniera eccellente anche in italiano, perlomeno nei testi.
Non trattandosi del primo remake di Dragon Quest III, sarebbe stato interessante se in quest’occasione Square Enix avesse osato di più sul fronte narrativo, espandendo ulteriormente la trama – al di là delle scene aggiuntive con protagonista Ortega – e rendendo il titolo più corposo e appetibile ai giocatori affamati di storie più profonde.
Come già detto, però, questa iterazione in particolare punta tanto sulla giocabilità e, da questo punto di vista, chi ama le sfide rimarrà più che soddisfatto, a patto di non giocare in modalità Vampistrello.
Se siete quindi amanti dei JPRG classici non potrete che amarlo, perdendovi ore in un mondo fantastico, ricolmo di classi da sperimentare, livelli da raggiungere e luoghi ameni da esplorare.
Se, invece, state cercando una storia più coinvolgente, il consiglio è di giocarvi eventualmente Dragon Quest XI, forse il miglior DQ di sempre.
Difetti o pregi, però, è importante tenere a mente che Dragon Quest III è la base su cui poggiano tutti i giochi di ruolo alla giapponese esistenti oggi e, se vi professate fan del genere, perlomeno una chance dovreste dargliela, anche solo per vostra cultura personale.
Pro | Contro |
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Nota: si ringrazia Plaion per aver fornito a Omnia Crystallis un codice review per il download della versione PS5 di Dragon Quest III HD-2D.
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