Quando si parla di videogiochi dallo sviluppo travagliato, il pensiero dei fan di Final Fantasy va immediatamente a Final Fantasy XV. A onor del vero, però, quello di Final Fantasy XIII non fu meno problematico. Alcuni interessanti retroscena furono svelati dal director e scenario writer Motomu Toriyama e dal membro della divisione project investment management Akihiko Maeda in un articolo pubblicato su Game Developer nell’ottobre del 2010. «Le informazioni non vennero condivise in modo adeguato. Ci fu una mancanza di comunicazione. Le richieste non erano chiare. Lo stesso concept non era chiaro», spiegano gli sviluppatori.

Innanzitutto, il progetto fu afflitto dalla mancanza di una visione condivisa. «Final Fantasy XIII – ricordano Toriyama e Maeda – venne presentato per la prima volta attraverso un trailer insieme all’annuncio del progetto Fabula Nova Crystallis all’E3 2006. Il trailer era solo un concept visivo e a quel punto non avevamo ancora creato nulla di giocabile». Il video secondo Toriyama stabiliva il livello di qualità che si sarebbe voluto raggiungere in termini di velocità dei combattimenti e stile delle cutscene. Tuttavia, «emerse chiaramente che all’epoca erano davvero pochi i membri del team che vedevano il trailer come una rappresentazione di ciò che volevamo ottenere con Final Fantasy XIII. Questa mancanza di una visione condivisa fu alla base di molti conflitti sorti in seguito durante lo sviluppo».

Un altro problema fu rappresentato dal motore di sviluppo. All’epoca il team era concentrato sulla creazione di un motore per hardware next-gen che potesse essere utilizzato su tutte le piattaforme. Per questo, ammettono gli sviluppatori, «commettemmo l’errore di cercare di accontentare ogni singolo progetto in corso all’epoca. Col senno di poi, apparve ovvio che sarebbe stato impossibile soddisfare tutte le esigenze. Impiegammo una notevole quantità di tempo per stabilire le priorità di tutte le diverse richieste». Da ciò derivò «una situazione di stallo tra il team di sviluppo del motore e quello del gioco, perché se le specifiche del motore non potevano essere finalizzate allora non potevano esserlo nemmeno quelle del gioco. I dibattiti continuavano senza soluzione e ciò influì sulla tabella di marcia».

Intanto, il team venne ampliato e il metodo di sviluppo che era stato usato prima di Final Fantasy XIII iniziò a palesare i suoi limiti. «Il problema dell’eccessiva specializzazione [dei ruoli] si presentò in ogni campo», chiariscono Toriyama e Maeda. Poiché i ruoli (modellatori dei personaggi, artisti delle texture ecc.) erano così specifici, «il flusso di comunicazione diventò difettoso e le informazioni non venivano condivise correttamente. Un esempio specifico è che gli aggiornamenti o le conferme sulle specifiche non arrivavano a tutti i membri del team e, a volte, il personale continuava a creare dati senza conoscere lo stato più aggiornato».

«I reparti che comunicavano a stretto contatto condividevano attivamente le informazioni, quindi non c’erano problemi, ma questi casi si basavano esclusivamente sulle capacità di comunicazione individuali. Per esempio, quando esaminammo collettivamente le ambientazioni di gioco, che in pratica rappresentano la suddivisione di ogni livello del gioco, ci furono casi in cui ciò che l’artista e il game designer avevano inizialmente concordato si era in qualche modo modificato a causa degli effetti dei progressi di un’altra sezione; era quindi evidente che le informazioni non venivano trasferite correttamente».

«In passato – continuano gli sviluppatori – avevamo sempre creato risorse grafiche presentabili da tutte le angolazioni, in modo che potessero essere adattate a qualsiasi situazione. Durante lo sviluppo, c’era la regola tacita di realizzare tutto nei minimi dettagli. Tuttavia, con il passaggio alle console moderne il limite ai dettagli diventò pressoché illimitato, il che aumentò infinitamente il carico di lavoro per la creazione di ogni asset. Di conseguenza, alcuni membri del team esaurivano le loro energie per creare una risorsa al 100% dettagliata che sarebbe apparsa solo per una frazione di secondo nel gioco vero e proprio».

Lo sviluppo del gioco venne influenzato fortemente anche da quelli che gli sviluppatori ritenevano fossero i gusti del pubblico occidentale. «Anche prima dell’introduzione dell’attuale generazione di console, era evidente che il mercato dei videogiochi in Occidente stava prendendo piede e non potevamo ignorare la cosa. Il sentimento che più ci colpì all’epoca fu la critica sempre più aspra nei confronti dei JRPG. La linearità e i combattimenti basati su comandi erano due delle caratteristiche percepite come negative. Il team era molto consapevole di questo aspetto e si chiedeva se i JRPG sarebbero stati ancora accettati in Occidente. Poiché la missione di Final Fantasy XIII era quella di avere successo in tutto il mondo, non potevamo ignorare questo problema, in quanto ritenevamo che avrebbe potuto influenzare profondamente il futuro del franchise».

Nell’articolo di Game Developer viene spiegato che in quello stesso periodo gli sviluppatori stavano sperimentando metodi di sviluppi occidentali e che all’interno del team si parlava di gruppi di discussione internazionali. «Sfortunatamente eravamo già piuttosto avanti nello sviluppo [di Final Fantasy XIII] e sapevamo che sarebbe stato troppo tardi per implementare la maggior parte dei feedback ottenuti dalle sessioni di test dei giocatori. Nonostante ciò, accettammo l’opportunità, perché sarebbe stata la nostra unica occasione prima dell’uscita del gioco di vedere come i giocatori occidentali avrebbero reagito a tutto ciò su cui avevamo lavorato. Ci furono alcuni piccoli intoppi, poiché non avemmo molto tempo per prepararci alle sessioni di focus group, ma riuscimmo a condurre con successo i test e le interviste ai giocatori a livello globale. Anche se era troppo tardi per applicare la maggior parte dei feedback, la maggioranza dei membri del team ritenne che i test fossero validi, in quanto avevano permesso di capire cosa volevano i giocatori a livello globale». Tuttavia, «per i cambiamenti che si stavano prendendo in considerazione, a causa della mancanza di una linea di comunicazione chiara, la squadra di sviluppo non riceveva istruzioni chiare. Questo provocò conflitti all’interno della stessa squadra per decidere se valesse la pena imporre alcune modifiche all’interno di un calendario già molto fitto».

Per Toriyama e Maeda le soluzioni più ovvie a questi problemi sarebbero state «organizzare riunioni per discutere i progressi, standardizzare il flusso di lavoro, rendere chiare le strutture dei team e le vie di comunicazione e richiedere una documentazione per tutto. Ma queste azioni avrebbero davvero risolto tutti i problemi? Forse temporaneamente, ma non avrebbero affrontato i problemi alla radice».

I due sottolineano che il progetto uscì dall’impasse soprattutto dopo la realizzazione della demo del gioco: «Lo sviluppo dopo la versione di prova diventò estremamente fluido, soprattutto nell’ultimo anno del progetto, durante il quale riuscimmo a risparmiare molto tempo localizzando le versioni d’oltreoceano mentre la versione giapponese veniva completata».

Gli sviluppatori sostengono di aver imparato da questa esperienza che «dobbiamo prima creare qualcosa di tangibile e giocabile per condividere il concept di un gioco e stabilire le indicazioni effettive al fine di creare un ambiente in cui decisioni precise funzionino all’interno del processo. Solo allora si può procedere con lo sviluppo di una tale quantità di dati. Inoltre, fino a questo momento, avevamo adottato un “metodo Square Enix” molto tradizionale, basato sull’artigianato individuale. Ora stiamo cercando di incorporare nel nostro sistema quanto più possibile gli stili di sviluppo degli studi occidentali. In futuro, i team di sviluppo di Final Fantasy utilizzeranno un approccio efficace che diventerà sempre più efficiente con il passare del tempo e permetterà loro di offrire al mondo nuove ed emozionanti fantasie».