Se siete fan di Final Fantasy, probabilmente avete letto o sentito un’infinità di volte frasi come “il migliore è Final Fantasy VII”, oppure “Final Fantasy VII è sopravvalutato”. Non desideriamo sostenere questa o quella opinione, ma solo sottolineare il fatto che, piaccia o meno, il gioco fu qualcosa di assolutamente rivoluzionario ai tempi della sua pubblicazione. Con FFVII, Square si giocò il tutto per tutto: abbandonò quello che sarebbe stato un altro progetto in 2D per Super Nintendo, stanziò l’allora impressionante cifra di 30 milioni di dollari e, soprattutto, interruppe il suo lunghissimo rapporto con Nintendo per scommettere sulla grafica 3D di una console nuova e ancora poco collaudata. Approdato su PlayStation nel 1997, Final Fantasy VII riscosse fin da subito un enorme successo di pubblico e critica.
La grafica di gioco sicuramente rappresentò il picco raggiunto fino ad allora dalla console Sony, grazie a dettagliatissimi fondali pre-renderizzati, splendidi FMV e impressionanti animazioni. Da allora, la tecnologia ha fatto passi da gigante ed è impossibile non guardare a Cloud e compagni con tenerezza o, in qualche caso, anche con un certo ribrezzo. Il gioco, tuttavia, ha continuato ad essere sviscerato dai fan e perfino a raccogliere nuovi proseliti tra i più giovani.
Non c’è da sorprendersi, quindi, se nel 2007, in occasione del 10° anniversario del gioco, Square Enix pubblicò Final Fantasy VII 10th Anniversary Ultimania, un libro di 207 pagine del quale furono stampate soltanto 77.777 copie. Questo conteneva informazioni sull’intera Compilation of Final Fantasy VII, con schede dei personaggi e trame dettagliate dei vari giochi, nonché un’interessantissima intervista di Akira Yamashita ad alcune personalità chiave della creazione del settimo capitolo della serie: Yoshinori Kitase (director e sceneggiatore), Kazushige Nojima (sceneggiatore) e Tetsuya Nomura (character designer). Non essendo disponibile in italiano, abbiamo deciso di tradurla nella nostra lingua e dare così il via con questo articolo ad una serie di approfondimenti sullo sviluppo di Final Fantasy VII e non solo. Il segreto di Final Fantasy VII è ancora tutto da raccontare…
N.B.: L’articolo si basa sulle traduzioni in inglese pubblicate dal sito The Lifestream e dall’utente Twitter TurquoiseHammer (link in calce).
Le animazioni di Cloud alla base delle caratteristiche del personaggio e della trama
Sono passati dieci anni dalla pubblicazione di Final Fantasy VII. Penso che il motivo per cui i fan hanno continuato a supportarlo per tutto questo tempo è che ne sono rimasti enormemente colpiti. Quali sono però le scene che i creatori del gioco ricordano con maggiore intensità?
Nojima: Per me, si tratta della scena in cui Cloud appare per la prima volta all’inizio della storia. Quelle scena sfruttava la mitica animazione realizzata da Toriyama [Motomu Toriyama, event planner, ndr] nella quale Cloud si mette in mostra. Se ricordo bene, venne chiamata qualcosa come “Cloud fa il figo” [risata]. Quando vidi quell’animazione pensai tra me e me in tutta onestà: “Wow, è qualcosa di grandioso”. All’epoca avevo appena iniziato il mio lavoro come scenario editor, e la falsa personalità di Cloud fu in parte definita sulla base di quella posa. Da lì, la sceneggiatura iniziò a prendere forma. A quei tempi, durante la produzione, venivano svolti simultaneamente compiti diversi, quindi accadeva non di rado che i vari team si influenzassero a vicenda. Di solito, tutte le cose importanti venivano decise durante le chiacchiere nella sala fumatori [risata]. Oggigiorno, dal momento che bisogna registrare il doppiaggio, la sceneggiatura deve essere la priorità, perciò la sua stesura è un processo piuttosto isolato dal resto.
Kitase: L’animazione in cui Cloud posa da spaccone appare anche nel flashback di Nibelheim. Quando al soldato Shinra viene chiesto di fare “ciò che facciamo sempre”, fa quella posa. La stessa scena è presente in Crisis Core, perciò diedi istruzione allo staff di ricreare quell’animazione [risata]. Era Nojima il responsabile degli aventi ambientati a Nibelheim in FFVII, giusto?
Nojima: Esatto. Faticai fino alla fine per cercare di liberarmi dei bug in quell’evento. Per esempio, quando Cloud aspettava fuori dallo schermo prima di entrare in scena, capitava che i suoi capelli spuntassero dal bordo dello schermo [risata]. Dal punto di vista della storia, anche la scena ambientata nella Northern Cave, quando Cloud parla mentre è a testa in giù, mi colpisce molto. Ho lavorato alla regia di quella scena, e far muovere i personaggi perché si adattassero alla scena filmata fu complicato, e ricordo di aver avuto problemi nel realizzarla. Quando realizzai la parte in cui Cloud si rivolge a Tifa chiamandola “Ms.” [signorina], pensai a quanto sarebbero stati sorpresi ed emotivamente colpiti i giocatori dal cambiamento di Cloud.
Nomura: La scena di spicco secondo me è quella in cui Tifa entra nel regno mentale di Cloud e porta a galla la verità su ciò che è accaduto in passato.
Nojima: Credo che fu Kato [Masato Kato, event planner e sceneggiatore, ndr] a realizzare gli eventi relativi a quella parte, mentre i filmati furono realizzati da Ikumori [Kazuyuki Ikumori, movie designer, ndr]. Ikumori originariamente era un grafico delle mappe, ma quella volta provò a cimentarsi nei filmati. Disse: “Non ho mai lavorato sui filmati prima d’ora”, ma guardando ciò che è diventato…
Nomura: Già, alla fine è diventato regista dei filmati di Dirge of Cerberus e Crisis Core.
Kitase: Kato si occupò anche dell’evento nei pressi dell’aeronave, ambientato la sera prima della battaglia finale, è corretto?
Nojima: Oh, la scena con quella linea di dialogo quasi osé? Fu Kato a scriverla, non io.
Nojima: Ti riferisci alla frase “Words aren’t the only thing that tell people what you’re thinking” [Le parole non sono l’unico modo per esprimere alle persone ciò che pensi], vero? Si trattava di una conversazione piuttosto matura per gli standard di Final Fantasy.
Kitase: Ricordo che dovemmo ridurre la “licenziosità” della scena.
Nojima: L’idea originale era ancora più estrema. Il piano era che Cloud uscisse dalla stalla dei Chocobo a bordo dell’Highwind, seguito da Tifa che si sarebbe dovuta guardare attorno. Kitase ovviamente la bocciò. Ma, tornando alla linea di dialogo in questione, sono abbastanza certo che all’epoca nessuno di noi pensasse che sarebbe diventata qualcosa di così importante [risata].
In origine, Zack non esisteva
Kitase-san, qual è la scena che la colpisce di più perfino adesso?
Kitase: Come Nomura, devo dire che è quella del climax nel regno mentale, la scena in cui una serie di misteri riguardanti Sephiroth e Cloud vengono chiariti. Fino alle ultime fasi dello sviluppo del gioco, non sapevo che i ricordi di Cloud appartenessero in realtà a Zack. Questo perché in origine, quando controllai la sceneggiatura, il personaggio di Zack addirittura non esisteva. Zack nacque nel momento in cui Nojima si mise a concepire una soluzione per i misteri del gioco. Perciò, finché quella parte del puzzle non venne completata, io continuavo a chiedermi come avesse pensato di arrivare alla conclusione di tutto. Dovetti realizzare i miei eventi senza sapere cosa stesse succedendo davvero.
Nojima: Parlando di Zack, non inserii il personaggio soltanto perché necessario per risolvere i misteri. Quando mi unii al team di sviluppo, l’idea secondo la quale Aerith avrebbe rivisto il suo primo amore in Cloud esisteva già, perciò mi servii di Zack per collegare questo fatto alla soluzione dei misteri.
Nomura: Riguardo all’idea di Aerith che rivede il suo primo amore in Cloud, all’inizio pensavo di far sì che questo primo amore fosse Sephiroth. Quando mi venne chiesto di realizzare l’illustrazione di Zack, eravamo già vicini alla fine dello sviluppo, e come potete notare non è colorata. Perciò, è ovvio che la disegnai velocemente a seguito di una richiesta dell’ultimo minuto.
Avevate pensato alla verità dietro ai misteri riguardanti Cloud e Zack fin dall’inizio?
Nojima: No, ci pensai man mano che andavo avanti con il mio lavoro. All’inizio non c’era tutta questa “prefigurazione”. Le scene contenenti indizi su ciò che sarebbe successo più avanti furono aggiunte su mia richiesta dopo che lo sviluppo aveva già raggiunto un punto in cui il dipanarsi dei misteri era ormai prossimo.
Kitase: Ai tempi era facile tornare indietro e cambiare le cose in un secondo momento. Ultimamente, tenuto conto del carico di lavoro legato alla realizzazione della grafica, è difficile chiedere alle persone di modificare una cosa dopo che questa è stata completata.
Nojima: Beh, perfino all’epoca c’erano persone a cui potevi chiedere facilmente di cambiare qualcosa e altre alle quali era difficile chiederlo. Per questo motivo, potrebbe esserci un certo squilibrio in termini di location contenenti indizi. Mi rivolgevo solo a quelle persone nei confronti delle quali era facile avanzare richieste, perciò le scene in cui sono inseriti elementi che preannunciano qualcosa sono le scene delle quali queste persone erano incaricate [risata].
Red XIII, dramma a quattro zampe degli event planner
Penso che una delle cose che ha aiutato FFVII a mantenere la propria popolarità nel tempo sia l’unicità dei suoi personaggi. Come avete creato le loro storie e personalità?
Nomura: All’inizio dello sviluppo la sceneggiatura non era ancora completa, ma pensai: “Prima di tutto, credo ci sia bisogno di un eroe e di un’eroina“, e quindi abbozzai dei disegni mentre riflettevo sul loro passato e i loro archi narrativi. Dopo aver concepito l’eroe e l’eroina, andai avanti disegnando i personaggi che pensavo sarebbe stato interessante avere. Quando consegnai i disegni, parlai dei dettagli riguardanti i personaggi che mi erano venuti in mente, oppure li scrissi su dei fogli a parte. All’epoca, scrivevo ancora tutto a mano.
Perciò, in quale ordine esattamente disegnasti i personaggi?
Nomura: I primi che disegnai furono Cloud e Aerith. Poi venne Barret.
Kitase: E poi Nomura disse che voleva un personaggio a quattro zampe, perciò arrivò Red XIII…
Nomura: Dopo di ciò penso che rimasi bloccato per un po’ [risata].
Nojima: “Voglio un personaggio a quattro zampe…”. Grazie a questo desiderio, realizzare gli eventi divenne incredibilmente difficile. Dovemmo spremerci le meningi su come avrebbe salito le scale e, ogni volta che si girava, la sua coda o il suo corpo finivano dentro a un muro o qualcosa di simile [risata].
Nomura: La scena in cui Red XIII si regge su due zampe sulla nave cargo era piuttosto divertente.
Nojima: Sì, la scena in cui dice: “It’s pretty hard standing on two feet” [risata].
Kitase: Sei stato tu a chiamarlo Red XIII, vero Tetsu?
Nomura: Pensai ad un nome che non sarebbe sembrato un nome, perciò combinai tra loro un colore e un numero. Il motivo per cui scelsi il 13 fu che si tratta di un numero sfortunato, ovviamente. I dettagli ufficiali relativi al personaggio e il suo vero nome, Nanaki, furono ideati da altri membri del team.
Kitase: Probabilmente ci pensò Akiyama (Jun Akiyama, event planner di FFVII, ndr].
C’è una cosa che ho notato tempo fa: se si digita “Seto”, il nome del padre di Nanaki, in giapponese usando la tastiera in modalità kana, si premono i tasti “PS”. Mi sono chiesto se il suo nome fosse stato creato in questo modo…
Kitase: Dite che ci ha riflettuto così tanto?
Nojima: Se è stato davvero Akiyama la persona incaricata di ciò, non scommetterei su una motivazione così ponderata [risata].
Yuffie e Vincent rischiarono l’eliminazione
Yuffie e Vincent sono personaggi segreti che non è obbligatorio reclutare, per questo mi sorprende che per loro siano state preparate così tante cutscene.
Nomura: Ci fu perfino un momento in cui alcuni pensarono che avremmo dovuto eliminarli per mancanza di tempo. In qualche modo riuscimmo ad impedirlo e grazie a un compromesso diventarono i personaggi segreti che oggi conosciamo.
Kitase: Il motivo principale per cui ci sono così tante cutscene che coinvolgono Yuffie risiede nel forte attaccamento che Akiyama – che era incaricato del lavoro su entrambi i personaggi – nutriva per lei. La sua apparizione in battaglia e il dialogo successivo con lei sono state tutte idee sue, e con il passare del tempo il materiale relativo al personaggio è diventato sempre più corposo.
Nojima: Rimasi fregato quando provai a salvare il gioco dopo il combattimento contro Yuffie [risata]. Per la storia a Wutai, io realizzai la parte relativa alla trama principale, ma gli eventi ambientati nella pagoda dei Five Mighty Gods furono opera di Tokita [Takashi Tokita, event planner, ndr].
Kitase: In quelle parti si percepisce davvero il tocco di Tokita.
Nojima: Tokita è patito di teatro [da giovane aveva intenzione di diventare un attore, ndr], e i personaggi che appaiono in quella sezione portano il nome di persone che c’entrano con il teatro, come ad esempio dei drammaturghi.
Chi è che si occupò delle cutscene legate a Vincent?
Kitase: Ricordo di aver realizzato l’evento in cui si unisce al party nella Shinra Manor, ma le sue scene furono opera di Nojima, giusto?
Nojima: Sì, scrissi io le sue scene. Il retroscena relativo a Vincent e a Lucrecia esisteva fin dall’inizio, e ricordo di averlo collegato alla Shinra. Alla fine, Chiba [Hiroki Chiba, event planner] infilò nel gioco gli eventi legati a lui proprio all’ultimo minuto.
Kitase: Chiba è incaricato della sceneggiatura di Dirge of Cerberus e, a pensarci ora, forse è proprio perché lavorò agli eventi legati a Vincent in FFVII.
Nojima: Ad ogni modo, nonostante Vincent non abbia molte scene per via del fatto che appare nella seconda metà della storia, gode di una buona dose di dialoghi, e quando appare parla parecchio, nonostante si supponga che sia una persona riservata [risata]. Perfino oggi ho questo problema quando creo una sceneggiatura: nonostante un dato personaggio sia silenzioso e distaccato, finisco col realizzare scene in cui questo non fa altro che parlare. Personaggi come Barret, che appaiono fin dall’inizio e hanno un gran numero di battute, nella maggior parte dei casi non sanno nulla. Personaggi come Vincent o Auron di FFX tendono a confermare la regola per cui più è silenzioso un personaggio, più cose conosce… il che li porta a pronunciare dei dialoghi molto didascalici. Ancora non ho trovato una soluzione a questo problema.
Perché i personaggi di FFVII continuano ad essere amati
Nomura-san, nel lavorare al background dei personaggi o al loro design, sperimentò nuovi metodi?
Nomura: Forse non un metodo in particolare. I personaggi di FFVII sono il frutto della mia voglia di disporre di qualcosa di vario e, in un senso, bilanciato. Per gli ultimi Final Fantasy, ho ricevuto le descrizioni dei personaggi prima di mettermi a disegnarli, perciò non mi preoccupo così tanto dei retroscena dei personaggi oggigiorno. FFVII per quanto mi riguarda fu l’ultima volta in cui dovetti pensare alle storie dei personaggi in anticipo.
I personaggi di FFVII sembrano specialmente popolari anche al di fuori della serie. Per quale motivo?
Nomura: Uhm, chissà. Non mi viene in mente nulla. Beh, immagino sia perché ogni personaggio gode di scene proprie che sono ben raccontate. Si potrebbe dire che hanno personalità fin troppo forti [risata].
Nojima: Già, sono stati resi quasi troppo individuali. Per esempio, una volta che decisi che Aerith avrebbe parlato in un certo modo, la cosa iniziò ad intensificarsi in quella direzione. Successe la stessa cosa con l’animazione in cui Cloud posa in modo cool. Tutto il team incaricato degli eventi utilizzò un particolare che riteneva interessante. Perfino il famoso “Not interested” di Cloud viene fuori così spesso che è difficile credere che qualcuno possa pronunciarlo così spesso [risata].
Kitase: Gliela facemmo dire tutti, vero?
Nojima: In tal senso, i personaggi erano sicuramente forti. Da FFVIII in avanti, l’altezza dei personaggi è aumentata e abbiamo iniziato ad essere più consapevoli del fattore realismo. Quando ciò accade, succede che inizi a paragonarli a persone reali. Ma l’altezza dei personaggi di FFVII, anche se questi erano in 3D, non trasmetteva tutto quel senso di realtà. Sotto quell’aspetto erano come personaggi dei cartoni, cosa che in un certo senso ha rappresentato un vantaggio. Credo che fu un plus, tuttavia, perché penso che, in quanto forme astratte, siano stati più facili da ricordare.
Kitase: Quando lessi per la prima volta la sceneggiatura di Nojima, percepii come molto fresca l’immagine delle eroine che aveva creato. Non erano le tipiche protagoniste femminili – non erano né donne devote alll’eroe né semplici campionesse di giustizia. Aerith addirittura viveva nei bassifondi. Queste cose erano davvero innovative per me. In più, il fatto di avere due eroine, Aerith e Tifa, e un eroe diviso tra le due, all’epoca era qualcosa di inedito. Senza parlare di Sephiroth, questa sorta di rivale che nonostante compaia all’inizio della storia finisce per essere il nemico finale da affrontare. Io personalmente credo che queste cose, che non erano presenti nei precedenti Final Fantasy, potrebbero essere state il segreto della popolarità del gioco.
Nomura: Parlando di Sephiroth, volevo evitare quel tipo di sviluppo di trama in cui arrivi alla fine della storia e all’improvviso compare questo boss del quale non hai mai sentito parlare. Per FFVII, volevo una storia in cui si dà la caccia a qualcuno che sai essere il tuo antagonista fin dall’inizio. Per quanto riguarda le eroine, durante lo sviluppo qualcuno pensò che, rispetto a Tifa, Aerith avesse poche scene e non spiccasse abbastanza, perciò decisidi aumentare la sua presenza sullo schermo.
Nojima: Per ridurre tutto a un cliché, Tifa è l’amica d’infanzia che è stata con te fin dall’asilo, mentre Aerith è la nuova ragazza che si trasferisce nella tua scuola a metà anno e che deve andarsene di nuovo di lì a poco. Poiché la “studentessa che si trasferisce” sarebbe apparsa soltanto in una manciata di scene, dovevo essere certo che avesse un impatto maggiore. Perlomeno, questo è il ragionamento che feci.
Aerith, eroina tragica
Non si può parlare delle eroine di FFVII senza parlare della tragedia che colpisce Aerith alla Forgotten Capital. Si trattò di una scena indelebile non solo all’interno della serie, ma nel mondo degli RPG.
Kitase: Nei precedenti Final Fantasy, personaggi anche importanti morivano e scomparivano. Come Galuf di Final Fantasy V, ad esempio, seguivano un percorso secondo il quale il personaggio se ne sarebbe andato solo dopo aver dato tutto se stesso in un combattimento. In questo caso, succedeva spesso che gli altri personaggi ne accettassero semplicemente la morte, proprio per il fatto che avevano dato se stessi e avevano raggiunto la fine del percorso. Nel creare delle storie, penso che questa sia una delle opzioni possibili, ma per FFVII pensai a come spingere questa cosa un gradino più in alto e a tirar fuori un senso di perdita. Non volevo quel tipo di storia in cui la morte di un personaggio semplicemente spinge i giocatori ad andare avanti con il loro viaggio. Doveva esserci un senso di perdita.
Nojima: Kitase ha continuato a parlare di questo senso di perdita fin da allora.
Kitase: Se ci pensate, in precedenza, prima della morte di un personaggio si riceveva un’adeguata preparazione al dramma? Volevo evitare che ci fossero stimoli emotivi artificiosi – un qualcosa che serve solo a farti combattere il male con maggiore risolutezza. Nel mondo reale, la morte giunge inaspettatamente, e ti lascia confuso dinnanzi alla gravità della perdita. Sei sopraffatto da questo enorme senso di perdita. Piuttosto che voler combattere il male, ti viene voglia di solo lasciar perdere tutto e arrenderti. Fui incaricato di quella scena e cercai di trasmettere questo senso di realismo.
Nomura: Ha a che fare con la vita, uno dei temi di FFVII, perciò la morte non è raffigurata per portare all’esaltazione, bensì per esprimere il dolore in modo realistico. La morte arriva all’improvviso, perciò l’emozione che si prova non è entusiasmo o qualcosa di simile, bensì dolore.
Nojima: Dal punto di vista della sceneggiatura, FFVII è “una storia sul ciclo della vita attraverso il pianeta”, perciò serviva che qualcuno facesse parte di quel ciclo. In altre parole, nonostante ciò che accade ad Aerith sia insensato e tragico, da un punto di vista narrativo era destino che un personaggio del gruppo perdesse la vita. Come questo personaggio finì per essere Aerith non fu il risultato di un’imposizione dall’alto, come molti tendono a dire. Fu una decisione che venne presa dopo che diversi membri del team, me incluso, ci fummo scervellati a lungo su cosa fare.
Zell
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